Cronache dal Sinodo di Bruxelles 29-31 Gennaio 2016


Cronache dal Sinodo, parte I

di padre Paolo Giordana


Fissare immediatamente le impressioni o le emozioni ha il pregio indiscutibile di renderle vive, quasi a voler perpetrare nel tempo l’immediatezza stessa dell’esperienza. Se si pensasse però che una semplice cronaca del contemporaneo sia in grado di costituire un ragionamento completo si sbaglierebbe, ma lasciamo ad un altro momento le riflessioni e gli approfondimenti e proviamo a raccontare i fatti di poche ore fa.
La Chiesa di cui faccio parte ha una storia un po’ particolare, si origina, infatti, da un vescovo scappato da Mosca nel 1917, per fuggire alle persecuzioni, e rifugiatosi a Parigi. L’intuizione che ebbe fu quella di cercare di tornare al modello della Chiesa indivisa, quella Chiesa un po’ idealizzata (se vogliamo essere sinceri) nella quale non esistevano le grandi divisioni che oggi conosciamo; per semplificare ortodossi, cattolici e protestanti.


Col mio Vescovo siamo arrivati in Arcivescovado a Bruxelles verso le 17 e abbiamo trovato ad attenderci oltre al “padrone di casa” anche il Patriarca, sua Santità Nicholas I, e l’Arcivescovo di Parigi Francois. È stato un caldissimo benvenuto nello stile tipico del medio oriente: l’Arcivescovo di Bruxelles è anche Vescovo di Beiruth perché siriano e a casa sua si parla in arabo. Il tempo giusto di fare un po’ di conversazione in francese seduti su dei comodissimi sofà ed ecco iniziano ad arrivare le altre delegazioni; una specie di turbinio che si è concluso solo ora (quasi alle 23). Prima l’arcivescovo di Vienna, poi la delegazione della Romania, l’Arcivescovo di Zagabria, il vescovo di Nizza. Un bel po’ di lingue che hanno iniziato a sovrapporsi: francese, italiano (stranamente lingua abbastanza “franca”), inglese, tedesco, rumeno. Dopo poco sembrava fosse ritornata la pace, tutti accomodati ai propri posti e a sorseggiare un cappuccino (io no...prima di cena?). Il bello doveva ancora venire: ecco la delegazione russa al completo guidata dal loro patriarca. Non solo si è aggiunta una lingua in più, il russo, ma tutta l’esuberanza di quella cultura. Hanno portato la copia di un’icona come omaggio al Patriarca: si tratta di un’icona dalla quale (si dice) sgorghi dell’olio benedetto.


I discorsi frivoli sono per un momento diventati seri e assolutamente compressibili in tutte le lingue: “Dobbiamo essere la Chiesa dell’Unità, quella che aiuta tutti a riconciliarsi”. Con voce chiara in un perfetto francese parigino è intervenuto il Patriarca. “Dobbiamo lavorare tanto con le chiese orientali quanto con la chiesa romana perché ciascuno, fedele alla propria tradizione, possa testimoniare pienamente il Vangelo”. Sembrano parole vuote, forse troppo semplici ma iniziare, seppur in modo informale, un Sinodo non sostenendo quanto è bella, figa e santa la tua Chiesa ma mettendoti al servizio degli altri a me ha colpito.


L’Arcivescovo di Bruxelles coglie l’occasione e inizia a raccontare la sua opera tanto con il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo quanto con Papa Francesco, nell’ultimo incontro avuto proprio in Libano, durante il quale ha concelebrato.
Ma per un inizio informale è già abbastanza. Tutti a tavola a gustare tipici piatti Siriani e una vodka (che forse ha un altro nome ma non l’ho colto), portata apposta per l’occasione.


Il mio vicino di tavola è il Vescovo di Nizza, persona di compagnia e con un certo eloquio. Ha 62 anni, è vescovo da 10, mi racconta della sua storia personale e del suo rapporto stretto nella preghiera con la Vergine e con lo Spirito Santo. “Devi sempre pregare Maria, lei è una mamma e con lei è tutto più semplice, perché con la sua dolcezza non ti abbandona mai.” Mi racconta del rosario che prega ogni giorno da 40 anni e dei suoi pellegrinaggi. Non ha però sempre fatto il vescovo era un diplomatico dell’ONU, il segretario Boutros Ghali gli aveva affidato importanti incarichi nell’America centrale e in Africa. Sinceramente non ho ben capito se era stato in quella veste che aveva conosciuto Mons. Mathieu arcivescovo di Yaounde. Proprio lì sta costruendo la più grande chiesa ortodossa d’Africa che sarà consacrata dal nostro Patriarca a Luglio in occasione del Sinodo mondiale. A Febbraio dovrà infatti andare in Cameroun per accordarsi con il governo camerounense perché sarà un evento nazionale. Ma questa è un’altra storia e ne parleremo domandi. Il vescovo Claude Philippe mi racconta anche la storia di un prete, seduto nel tavolo accanto a noi. Lui è siriano, nato mussulmano da una importante famiglia di Imam. Aveva deciso di non studiare da Imam ma di diventare pilota di caccia militari e, in un modo molto particolare, proprio durante la sua attività di pilota si era avvicinato alla fede cristiana. Per noi è tutto semplice, possiamo scegliere se credere oppure no, e anche in cosa credere. A lui il battesimo è costato due anni di galera, tutti i denti e alcune ossa rotte.


La vodka scorre come se fosse acqua naturale e sinceramente il mix di lingue mi sta mandando in corto circuito il cervello. La cosa certa è che i russi bevono, se vescovi bevono ancora di più! Tra un brindisi e l’altro il tempo vola. Una ragazza molto simpatica si offre di riaccompagnarci in hotel. Domani sarà una lunga giornata, non resta che dormirci sopra.
Nasdrovia! (Non chiedetemi cosa vuol dire ma lo ripetevano sempre...)
 

Cronache dal Sinodo, parte II

di Padre Paolo Giordana


Avrei preferito scrivere immediatamente al termine della giornata di ieri, ma le idee erano confuse e le energie al minimo. Credo che una cronaca entro le 24 ore dagli avvenimenti, seppur con la velocità del mondo moderno, possa essere ugualmente considerata “immediata”.


La giornata sembrava iniziata in modo tranquillo, una colazione in hotel col mio Vescovo, il solito orrendo caffè che si beve all’estero (si è vero non posso fare a meno del mio espresso...quello vero!) e due parole sugli argomenti che avremmo affrontato al Sinodo. Avevamo preparato una relazione sulle nostre attività in Italia, sui due ragazzi che, già diaconi a Roma e a Milano, saranno presto ordinati preti, su tre giovani che ci hanno chiesto di intraprendere il percorso di formazione ed era il caso di dargli una bella rilettura.


La giornata era obiettivamente uggiosa, pioveva, faceva freddo e soprattutto tirava un vento piuttosto impetuoso: perché non concederci il lusso di prendere un taxi per andare in arcivescovado? Erano le 8 e mezza di sabato mattina e sinceramente affrontare le avversità del clima per prendere la metro non ci sembrava il modo migliore di iniziare una giornata, che in ogni caso sarebbe stata lunga.
Poco prima delle 9 siamo arrivati e ad accoglierci abbiamo trovato il gioviale padrone di casa con tutti i padri sinodali intenti a bere un caffè. Si comincia!


Alla presidenza del lungo tavolo ovviamente si siede e il Patriarca e poi in ordine di importanza tutti gli altri. Viste le mie funzioni di “interprete” per il mio Vescovo mi tocca un posto tra due Arcivescovi, non so se sia fortuna o meno.


La preghiera è intonata dall’Arcivescovo della Diaspora Slava Daniel, un basso profondo di una certa imponenza fisica, che inizia un canto in slavonico (o russo...boh?). Gli fa il controcanto il Vescovo di San Pietroburgo che invece ha una bellissima voce tenorile. Le parole non le comprendo, ma la gestualità, gli occhi chiusi, il dondolio del corpo e il raccoglimento delle altre persone rendono plastico un momento di grande spiritualità. Al termine, com’è usanza nella tradizione slava, viene richiesta la benedizione e il Patriarca la impone.


È il momento delle relazioni: inizia Sua Santità.


Gli argomenti trattati in circa un’ora e mezza di discorso sono parecchi, cercherò di riassumere i principali. La nostra Chiesa è bi-rito, ossia sono presenti dei preti e diaconi (e Vescovi ovviamente) che celebrano sia la Divina Liturgia di San Giovanni Crisotomo sia la Liturgia Eucaristica Latina, per intenderci la Messa che siamo abituati a sentire in chiesa. Qualcuno, come padre Patrik, parroco di due chiese in Dordogna, celebra anche la Messa di San Pio V in latino.
Il Patriarca tiene a precisare che Gesù non ha mai fissato dei riti, questi sono frutto degli uomini e delle culture, quindi non è importante la forma, la quale ovviamente deve avere una struttura liturgica ragionevole e motivata, ma lo spirito con il quale si celebra. Un discorso analogo può essere fatto anche per le vesti, tanto quelle liturgiche quanto quelle cosiddette corali: è meglio il clergyman o la talare? Ma quella Latina oppure quella Ortodossa? E ci vuole la barba oppure no? Con una battuta il Patriarca ha risolto questi (futili) dubbi: “Quando sono stato ordinato vescovo ho ricevuto critiche tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi. Per i secondi non ero un “vero” vescovo perché non avevo la barba, per i primi non ero “vero” perché sorridevo troppo. Sono passati 16 anni e io continuo a non avere la barba e a sorridere a tutti.
Esistono però alcune cose irrinunciabili, perché non sono forma ma sostanza dell’Eucarestia. Insiste nel riaffermare che l’Epiclesi debba essere posta dopo le parole dell’Istituzione, così come da tradizione della Chiesa Indivisa. Non sono, infatti, le nostre parole che trasformano il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo, ma è lo Spirito Santo. A scanso di equivoci: non siamo noi che preghiamo il Padre, non ne saremmo in grado, ma è lo Spirito Santo che opera in noi e attraverso noi. Anche la Chiesa Cattolica Romana ha alcune preghiere, come ad esempio la II, nella quale l’Epiclesi era posta dopo le parole dell’istituzione. C’è quindi ampia libertà di utilizzare tutte le preghiere Eucaristiche che si vogliono, soprattutto in un’ottica pastorale, ma avendo l’accortezza di spostare l’invocazione dello Spirito Santo nella posizione più corretta.
Il secondo tema che tratta è relativo alla grande diffusione della nostra Chiesa che conta ormai 91 Vescovi in tutti e 5 i continenti. Ci informa che mons. Mathieu, Arcivescovo di Yaoundè e Primate d’Africa, sta terminando la più grande basilica ortodossa d’Africa. Il 20 luglio prossimo, in occasione del Sinodo Generale della nostra Chiesa, ospitato proprio a Yaoundè dal Governo del Cameroun, il Patriarca consacrerà la basilica. Ci racconta che ormai l’opera di mons. Mathieu ha raggiunto una grande diffusione con decine di parrocchie, migliaia di fedeli e due facoltà universitarie, una di teologia e una di diritto. In accordo con la Diocesi Cattolica romana di Yaoundè accogliamo, infatti, anche i seminaristi cattolici, perché la facoltà di teologia può vantare ottimi docenti.
Per un momento il Patriarca vira sul personale e inizia a raccontarci la sua storia, la sua ordinazione diaconale nel 1983, quella presbiterale nel 1985 ed episcopale nel 2000. Ci racconta che a Parigi lui non è il “Patriarca” ma solo “Padre Nicholas”, che cerca sempre di essere a disposizione di qualunque persona lo cerchi. Ogni venerdì va in ospedale e celebra ancora personalmente, quando può, tutti i funerali, matrimoni e battesimi che gli vengono richiesti. A Parigi, così ci dice, è diventato molto difficile trovare un prete che ti assista nei momenti complessi della vita, come nel caso della morte di una persona cara. I funerali, ad esempio, sono ormai celebrati di norma da laici, ma in questo modo come si esercita il ruolo ministeriale della Chiesa? Ci ricorda che noi non siamo chiamati a convincere qualcuno a cambiare Chiesa, non si tratta di acquisire clienti, ma siamo chiamati a servire tutti al di là della Chiesa di appartenenza. È solo, infatti, con l’apostolato e il servizio che si può ricostruire la Chiesa dell’Unità, non con i grandi ragionamenti teologici o con i convegni. Saremo giudicati sull’amore non su quello che abbiamo studiato o sulla correttezza formale dei ragionamenti teologici.
Il suo intervento si conclude con delle parole forti

Tutti noi siamo chiamati a cercare la fede dei primi cristiani, la fede che opera nella vita di tutti i giorni attraverso azioni concrete che tocchino il cuore del nostro prossimo. I primi cristiani erano una testimonianza dell’amore di Dio e per questo riuscivano ad essere così credibili nelle loro parole. È tempo di uscire dagli schemi che si sono costruiti nei secoli, per tornare non solo in mezzo alle persone ma nella vita di tutti giorni, per portare proprio lì Cristo.

Un grande applauso suggella l’approvazione di tutti i padri sinodali.


È adesso il turno di Mons. Daniel, arcivescovo della Diaspora Slava in Europa e Stati Uniti. A questo punto credo sia opportuna una piccola digressione. Oltre alle organizzazioni territoriali, molto simili a quelle delle altre Chiese, si tratta di Diocesi, la nostra Chiesa ha una “Prelatura” (nel diritto canonico Romano starebbe questa la denominazione corretta) finalizzata a dare assistenza spirituale ai tanti migranti di lingua e cultura slava. La diffusione della diaspora segue, ovviamente, i flussi migratori e cosi ormai è radicata tanto in Europa quanto negli USA. Lo stesso mons. Daniel, che si divide tra New York e Milano, ha una chiesa a Cologno Monzese e sovente, col permesso della Curia di Milano, celebra a San Babila. Il suo intervento è piuttosto breve e conciso, racconta appunto dell’evoluzione della sua realtà e presenta un candidato all’episcopato. Si tratta di Padre Severo, un prete che presta la sua opera pastorale in Calabria, Sicilia e Malta. In quella zona c’è una forte presenza di fedeli e il clero ha bisogno di essere organizzato da qualcuno che abbia la disponibilità di visitare le parrocchie e sovraintendere alla vita di quella Chiesa particolare. La candidatura verrà messa ai voti al termine delle relazioni.

La politica internazionale entra anche nel Sinodo. Le comunità presenti in Bulgaria e Turchia sono assistite da un Vescovo russo, però in questo momento, viste le difficoltà di rapporto tra la Russia e la Turchia non sembra opportuno che il titolare sia proprio un russo. Il problema è dato dalla mancanza di clero turco, in quanto tanto i fedeli quanto i presbiteri sono tutti emigranti e provenienti da vari paesi dell’Est Europa.

Il Patriarca si intesta il problema congelando al momento il ruolo del vescovo e incaricando mons. Daniel di prendere contatti con il Patriarcato di Costantinopoli.


È la volta del mio Vescovo, Mons. Theodoro, che relaziona sull’attivitò in Italia (qui potete leggere il suo intervento) e a sorpresa aggiunge una frase: “Mi sembra anche giunto il momento di chiedervi, Santità e carissimi fratelli, di elevare padre Paolo Giordana al rango episcopale, quale mio vescovo ausiliare per la Diocesi che presiedo. Potrà anche occuparsi della Prelatura Apostolica di rito latino.” Che dire? Sicuramente sono emozionato per l’imprevisto, anche se viste alcune battute che mi aveva fatto l’Arcivescovo di Bruxelles avevo già intuito che il tutto era stato preparato a mia insaputa. Io accenno un sorriso e penso al lavoro che ci sarà da fare: cercherò di rendermi utile alla Provvidenza. Anche questa nomina sarà votata al termine delle relazioni.


Il terzo intervento è dell’Arcivescovo della Georgia, anche lui Mons. Daniel. Ammetto che non avevo mai sentito parlare in georgiano; comunque sia non ho capito nulla. Per fortuna c’era un interprete che traduceva in francese e io a mia volta in italiano. È stata una relazione veloce, poche parole per farci conoscere il nuovo monastero in costruzione, nel quale monaci e monache realizzano vesti e suppellettili per la Chiesa. Per loro è l’unico modo di finanziare tanto la loro vita e missione quanto il completamento del monastero. Viene chiesto a tutti i Padri sinodali, secondo i loro bisogni, se possibile, di rivolgersi a loro per l’acquisto degli oggetti e dei vestiti. L’applauso anche in questo caso è più che una approvazione.


È ora la volta del Primate di Romania, l’Arcivescovo di Bucarest Antim. Porta a tutti una bella pubblicazione sulle chiese, rigorosamente in legno, che hanno realizzato in questi anni. Anche la sua relazione, in rumeno, è abbastanza breve e riguarda alcuni problemi della Chiesa Rumena. Da quel che ho capito, infatti, la Chiesa Ortodossa Rumena, quella ufficiale, è una Chiesa di Stato e gode di alcune prerogative che limitano il culto per le altre realtà ecclesiastiche. L’Arcivescovo di Bruxelles, che è anche rappresentante permanente della nostra Chiesa presso l’Unione Europea, si intesta di attivarsi presso le autorità del governo rumeno per risolvere eventuali problematiche. Prima di completare il suo intervento l’Arcivescovo propone la candidatura all’episcopato di padre Spiridon; dovrebbe diventare il Vescovo ausiliare di Bucarest. Credo che la cosa fosse già preparata anche perché (così vi dico già com’è andata la votazione) l’ordinazione sarà fissata per il giorno successivo durante l’Eucarestia. Anche per questa nomina si voterà al termine delle relazioni.


In rapida successione è la volta di Mons. Alexandre, Arcivescovo di Zagabria, e di mons. Natanael Arcivescovo di Vienna. Le loro relazioni sono abbastanza simili anche se viene evidenziato che in Croazia ci sono molti problemi di dialogo ecumenico con la Chiesa Cattolica Romana. In Austria invece si collabora senza problemi condividendo, soprattutto nelle piccole località, l’uso della chiesa.


Terminati gli arcivescovi è ora il turno dei vescovi. Mons. Claude Philippe, vescovo di Nizza e PACA, invita alla riflessione puntuale sul nuovo Codice di Diritto Canonico. È, infatti, terminato il lavoro, e il Codice dovrà essere portato al prossimo Sinodo Generale, ma, a suo avviso, ci sono ancora alcuni punti da limare, soprattutto nella parte che riguarda il rito latino. L’Arcivescovo di Bruxelles, che sta coordinando il lavoro, interviene dicendo che la bozza di Codice, che contiene più di 1600 articoli, sarà mandata al più presto a tutte le Diocesi per raccogliere i pareri entro il mese di giugno. Viene anche sollecitato un documento ufficiale del Patriarcato in merito al matrimonio dei Vescovi. Nella nostra Chiesa, infatti, si possono sposare non solo i preti ma anche i Vescovi. Questa possibilità sarà ribadita, oltre che nel Codice di Diritto Canonico, anche in un documento apposito nel Sinodo di Yaounde.


E’ la volta di un breve intervento di mons. François, Vescovo di Parigi. Partendo dalla sua opera pastorale, incentrata nell’ultimo periodo sulla preghiera delle Lodi e dei Vespri, ci informa che sono ormai numerosi i gruppi di preghiera a Parigi che si trovano nelle case o in altri luoghi “laici” per pregare le Lodi prima di recarsi al lavoro oppure i Vespri prima di rincasare. La preghiera deve costituire l’asse portante di ogni opera pastorale.


La mattina si conclude con l’intervento di Padre Patrik, parroco in Dordogna da 6 anni e con circa 12.000 fedeli in due chiese. In Francia la maggior parte delle chiese sono di proprietà dello Stato, questo a seguito di una legge del 1800. La Chiesa Cattolica però, pur non usandole, le concede con molta fatica ad altre Chiese e questo genera non pochi problemi. Recentemente la nostra Chiesa ha avuto in concessione una chiesa, ma solamente perché necessita di grandi opere di restauro. Padre Patrik si sta attivando per restaurarla e riaprirla al culto.


Il tempo è volato e al piano di sopra alcune signore hanno già preparato per noi il pranzo. La cucina, che voi pensate sia tipicamente belga, in realtà è libanese. O meglio forse un mix tra il Libano e il Ruanda. Cosa c’entra adesso il Ruanda? Le signore che ci hanno preparato amorevolmente il pranzo sono originarie del Ruanda e lo scoprirò solo a tavola quando una di loro si siederà a pranzare con noi. Si chiama Valentina ed è fuggita dalla guerra. In quell’occasione aveva trovato due bambini abbandonati che, in mezzo a quelle stragi, avevano perso i genitori. Così lei e il marito hanno deciso di adottarli e di portarli con loro a Bruxelles. Il più grande ora è in Canada, in Quebeck, a studiare, la più piccola è a Bruxelles e ha un lavoro. Anche lei ci parla molto della Madonna e di quanto sia importante la preghiera. La sua scoperta del rosario era, infatti, avvenuta proprio nel bel mezzo della guerra civile del 1994 ed era la cosa che l’aveva mantenuta in vita. Si può, infatti, morire anche senza venire uccisi, succede quando la nostra anima non riesce ad aprirsi all’amore e quando non c’è più speranza, non ci sono più sogni. Ci racconta che quei bambini e la preghiera costante a Maria le hanno permesso di rinascere.


Qualcuno prova a tirare fuori la Vodka (palinka… se non sbaglio), ma il Sinodo richiede concentrazione e viene prontamente archiviata in attesa della cena.


Il pomeriggio si apre con un’altra breve preghiera del Patriarca, un’invocazione allo Spirito Santo che ci possa assistere nelle decisioni che saranno assunte.


Prima di passare alle votazioni interviene Padre Jean De la Croix, questo il nome cristiano che ha voluto assumere dopo il battesimo. E’ lui quel pilota di aerei militari, mussulmano, che ha cercato con tenacia il battesimo. In parte la sua storia già la conoscevo, e l’ho raccontata ieri, ma sentirla dalla sua bocca mi ha profondamente toccato.


Vengono quindi formalmente presentate le candidature all’episcopato, che saranno poi votate in forma palese.


Il Patriarca chiede l’approvazione del Sinodo per il nuovo vescovo di Melbourne, Padre Antoine, che, in caso di approvazione, sarà consacrato il 3 Aprile. Il Sinodo, già al corrente della richiesta, approva all’unanimità.
Viene esposta la candidatura di Padre Jeremie quale candidato a Vescovo ausiliare di Parigi. Il Sinodo approva all’unanimità.
E’ quindi il mio turno, mi alzo, il mio vescovo racconta un po’ la mia vita e mi viene chiesto di spiegare chi sono e cosa faccio sia nella mia vita “laica” sia in quella religiosa. Ho dovuto essere molto sintetico. Alla fine il Sinodo approva all’unanimità la mia ordinazione episcopale quale Vescovo ausiliare di Asti. Sono molto emozionato.
Restano due candidature: Padre Spiridon, candidato ad essere Vescovo ausilare di Bucarest e Padre Severo, candidato Vescovo di Reggio Calabria per la Diaspora Slava. Entrambe le candidature sono approvate all’unanimità.


Le ultime due delibere sono assunte per la compilazione dell’Annuario della nostra Chiesa e anche il nuovo sistema di tessere di riconoscimento (per gli smanettoni: c’è un QRcode che consente di verificare in tempo reale l’identità della persona e il suo status giuridico...neanche la CIA ha un tesserino così tecnologico), e l’ultima riguarda la Chiesa della Moldavia. Purtroppo pure qui rientra la politica internazionale: la Chiesa della Moldavia è stretta tra la Chiesa Russa e quella Ucraina anche se vorrebbe mantenere la propria indipendenza. Per questa ragione ha domandato ufficialmente di essere membro del nostro Patriarcato e di far parte del nostro Sinodo. Viene così votata una delibera che da mandato al Patriarca di avviare i contatti che, si spera, porteranno all’incardinazione di quella Chiesa particolare.


Velocemente si trattano anche le questioni economiche del Patriarcato: non abbiamo nulla! Ciascuno lavora o è in pensione e tutte le parrocchie e diocesi si mantengono solo grazie alla carità e alle donazioni.


Siamo arrivati all’ora di cena e il desiderio di poter cenare con il mio Vescovo vicino alla Grand Place svanisce; come possiamo infatti andarcene solo noi due? Poi c’è un’atmosfera simile a quella del villaggio di Asterix quando il buio della notte è rischiarato dal fuoco che arrostisce i cinghiali di Obelix. Ecco: qui non ci sono i cinghiali ma una ottima cena con un ottimo vino. L’immancabile vodka e l’allegria fanno il resto.


La cena è il momento per conoscere le storie delle vite degli altri commensali e comprendo una cosa importante: siamo tutte persone alla ricerca. Ciascuno per la propria strada si è avvicinato a questa piccola e povera Chiesa non per il potere, il prestigio oppure per la sicurezza che infonde, ma perché siamo degli animi inquieti che in modo costante, quasi testardo, cercano.

Cosa cerchiamo in questo breve spazio di tempo che è la nostra vita? Cerchiamo forse come poter amare e essere amati; come poterci donare e lasciare un pochino di noi a chi verrà; come essere fedeli, nel nostro imperfetto modo, a chi ci ha chiamato, Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore dell’Umanità. Cerchiamo un senso che non può essere dato dalla fede, anzi la fede ti deve spingere a porti ancora più domande e a non sentirti mai appagato. Cerchiamo quel rapporto personale e unico con colui che è l’Amore, perché il nostro tempo è breve e vogliamo, anzi dobbiamo, inseguire la felicità, ma quella vera e piena che si ha solo con la libertà e con la presenza costante e piena di Dio nella nostra vita. Cerchiamo di svuotarci un po’, svuotare la nostra mente e il nostro cuore per liberarci di tante cose inutili, forse belle e attraenti, ma che ci appesantiscono sia nella strada di questo mondo sia, quando andremo oltre la collina e cammineremo mano nella mano con Lui.